Ha destato molto scalpore, qui da noi in Italia, la prima pagina dell’Economist, popolare giornale economico britannico, contenente una vignetta giudicata da molti offensiva per il nostro Paese. Nello specifico, l’immagine riprende Liz Truss, premier inglese uscente, vestita da pretoriano romano, intenta a combattere con uno scudo a forma di pizza e un forcone di spaghetti. Il tutto sormontato da una scritta campale, in cui si paragona l’instabilità politica del Regno Unito a quella che tradizionalmente contraddistingue il Belpaese( la frase è, infatti, “Welcome to Britaly”). C’è da dire che non è la prima volta che l’Italia finisce nel mirino della stampa inglese. Solo quattro anni fa, un’altra vignetta satirica dell’Economist, aveva commentato negativamente la crescita economica dell’Italia, ritraendo un gelato tricolore pronto ad esplodere. Tuttavia, questa volta, la “perfida Albione” potrebbe aver fatto male i suoi conti. Il governo Truss, durato appena 44 giorni, rischia di preannunciare un periodo, più o meno lungo, di forti tensioni politiche e sociali. A determinare le dimissioni di Truss sarebbe stata, infatti, un’azzardata manovra fiscale che, tagliando le tasse per i più ricchi, avrebbe provocato una tempesta finanziaria e il crollo della sterlina in borsa. Da qui, le dimissioni prima del ministro delle Finanze, Kwasi Kwarteng, e poi della stessa premier. Ad oggi, Liz Truss risulta, comunque, detenere due record. Quello di essere stata la terza donna, dopo Margaret Tatcher e Theresa May, a rivestire il ruolo di Primo ministro britannico e quello di essere stato il premier meno longevo della storia del Regno Unito. Talmente breve, da battere il primato di George Canning, morto nel 1827, a quattro mesi dall’arrivo a Downing Street. Invero, Liz Truss verrà ricordata anche per essere stata l’ultimo premier del regno di Elisabetta II e il primo di quello di Carlo III. Un fatto epocale, che ha lasciato sgomenti non solo i sudditi inglesi, ma pure il resto del globo. Beatles a parte, la Regina Elisabetta era la più popolare icona vivente di una Gran Bretagna che faticherà molto a ritrovare la propria identità. Con lei, si potrebbe quasi dire, si è definitivamente chiuso il Novecento. Quello stesso Novecento che Hobsbawm definì il secolo breve e feroce, ma in cui non è mancato il coraggio e la speranza nel futuro. Uno spirito che Elisabetta ha incarnato alla perfezione, reggendo fra l’altro ai tanti scandali che hanno investito in questi anni la Famiglia reale. In primis, i divorzi dei suoi figli e la morte di Lady Diana nel 1997. Un episodio che sembrò mettere in crisi la Monarchia britannica e che solo l’autorevolezza di Elisabetta riuscì a evitare. Infine, per venire agli anni più recenti, lo scandalo degli abusi sessuali, costata al Principe Andrea l’allontanamento dalla Corte e la rinuncia a tutti i titoli militari e reali. Stessa sorte toccata al secondogenito di Carlo, Henry, il cui matrimonio con l’attrice americana, Meghan Markle, ha ricordato a molti la sciagurata unione fra lo zio di Elisabetta, Edoardo VIII, con l’attrice statunitense, Wallis Simpson, e che gli costò, a causa delle simpatie naziste di entrambi, la Corona. In quel frangente, fu provvidenziale l’intervento di Winston Churchill che, intuendo l’imminente guerra con la Germania, si prodigò in favore dell’abdicazione al fratello del Re, Giorgio VI. Un acume e una lungimiranza che nè Truss né Boris Johnson hanno dimostrato di avere. Quest’ultimo, poi, che si assume erede di Churchill, è stato un’autentica delusione. Dopo aver cavalcato la Brexit ne ha, infatti, subito le conseguenze. Secondo l’Ocse, a causa della Brexit, il Regno Unito crescerà meno del previsto nel prossimo triennio. Una crisi economica che la congiuntura energetica rischia di aggravare enormemente e che sta inducendo ad alcuni ripensamenti. I laburisti, in particolare, starebbero pensando di rinegoziare l’accordo con l’UE e di tornare nella Comunità Europea, qualora dovessero vincere le prossime elezioni generali. Tale disappunto, verso un divorzio non dimostratosi così allettante, si sarebbe, tuttavia, fatto strada anche nei conservatori. Festini a parte, dietro le dimissioni di luglio di Johnson ci sarebbe stata la volontà dei parlamentari conservatori di sbarazzarsi di un premier ingombrante e inadeguato. Un ripudio che i conservatori hanno nuovamente manifestato, chiudendo alle aspirazioni di Johnson, novello Cincinnato, di poter tornare a Downing Street dopo l’abbandono della sua delfina. Al suo posto, invece, è arrivato Rishi Sunak. Sunak, quarantadue anni ed ex ministro del Tesoro, aveva già sfidato Truss come premier, perdendo nel voto fra gli iscritti al partito. A cagione dei grandi cambiamenti che la Gran Bretagna sta attraversando, egli è il primo premier di origine indiana della storia inglese. È anche il più ricco, contando su un patrimonio personale maggiore di quello del Re d’Inghilterra. Un binomio, dunque, che oltre a mettere in discussione i canoni tradizionali della politica d’oltremanica, sembrano quasi realizzare una profezia. Quella di una riscossa delle ex colonie e del definitivo tramonto di quell’Imperialismo britannico che qualcuno, illusoriamente, crede ancora di poter riesumare. di Gianmarco Pucci
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