Quando la mattina del 17 Febbraio 1992 i carabinieri arrestarono Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio ed esponente del PSI milanese, in molti pensarono a nient’altro che a uno sporadico caso di corruzione e malcostume pubblico. Invece, quella scoperta si propagò a macchia d’olio in tutta Italia, provocando il repentino e inaspettato collasso della classe dirigente che aveva governato fino ad allora il paese. Nacque così, favorita anche dalle stragi di Mafia in Sicilia, Mani Pulite, il più grande scandalo politico della moderna storia nazionale. Uno scandalo ben superiore a quello che un secolo prima( nel 1892) scosse l’Italia liberale, i cui interessi nel fallimento della Banca Romana portarono alle dimissioni del primo governo Giolitti. In tal senso Tangentopoli, come fu ribattezzata dalla stampa del tempo, fu più che un’opera di moralizzazione pubblica condotta da un manipolo di rampanti magistrati contro una elite laida e corrotta. Essa è stata soprattutto uno spartiacque fra un’epoca storica e un’altra. Una stagione che iniziò esattamente ventotto anni fa, allorché per la prima volta dopo mezzo secolo i partiti storici della Repubblica( DC, PSI, PRI, PLI, PSDI) non si presentarono alle elezioni previste per la primavera del 1994. Gli arresti e le inchieste dei due anni precedenti, infatti, avevano alimentato una forte sfiducia verso i principali esponenti del Pentapartito. Sfiducia che assunse, per alcuni di loro, la veste della gogna mediatica, costringendoli ad allontanarsi dalla vita pubblica. Ciò portò alla ribalta nuovi personaggi politici, alcuni nuovi altri un po’ meno. La principale novità di quell’anno fu, tuttavia, la discesa in campo di Silvio Berlusconi, magnate milanese delle telecomunicazioni e fondatore di Fininvest. Berlusconi annunciò il suo ingresso in politica con un memorabile discorso a reti unificate. Nel suo messaggio agli italiani, il Cavaliere indicò come suo precipuo interesse quello di scongiurare una vittoria delle sinistre alle imminenti elezioni. Forze politiche che, a suo dire, non sarebbero state in grado di condurre l’Italia verso quella rivoluzione liberale che molti cittadini aspettavano da tempo. Fu così che, forte anche della mirabolante promessa di un milione di nuovi posti di lavoro, Berlusconi, dopo appena due mesi da quel messaggio televisivo, riuscì a vincere la sua scommessa elettorale. Egli, sfruttando le divisioni e le contraddizioni dello schieramento avverso, seppe da abile comunicatore costruire intorno a sé un ampio consenso, accattivandosi le simpatie di quei tanti italiani rimasti orfani del Pentapartito. E lo fece sfoderando una formula politica inedita, che in pochi mesi riuscì a mettere insieme esperienze e storie diverse, se non addirittura opposte. Inoltre, riuscì nell’impresa di svecchiare le liturgie tipiche della politica, depurandola dai rigurgiti ideologici tipici della Guerra Fredda. Peraltro, donandogli anche una certa leggerezza. Con lui, si dirà in seguito, nacque la politica spettacolo, ovvero quella dei nani e delle ballerine civilmente impegnati. Una corte che è stata ben rappresentata in questi quasi trent’anni da Forza Italia, il partito-azienda che da Berlusconi è stato creato e che a lui risponde in tutto e per tutto. Invero, proprio questa attitudine verso la frivolezza, unitamente alla disinvoltura del personaggio, hanno attirato al Cavaliere in questi decenni critiche feroci e lo hanno reso certamente un personaggio controverso. Soprattutto per le vicende giudiziarie che lo hanno riguardato direttamente e che hanno scavato un solco profondo fra esso e una parte dell’opinione pubblica. Infatti, fu in seguito a un’inchiesta che cadde il primo governo Berlusconi. E fu sempre allora che si ruppe l’idillio con il paese, riproponendosi lo stesso scenario che già si era concretizzato con Mani Pulite. Eppure, malgrado ciò, resta il fatto che con lui è nata la Seconda Repubblica. Un periodo unico ed irripetibile e di cui, nel bene o nel male, egli è stato certamente il protagonista indiscusso. articolo di Gianmarco Pucci
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