Pare ormai evidente che la stagione dei veleni non si è ancora spenta aldilà del Tevere. Le ultime scottanti rivelazioni sugli affari del cardinale Becciu, prefetto emerito della Congregazione delle cause dei santi, tornano, infatti, ad agitare i palazzi pontifici, seminando zizzania e discordia. Ciò, peraltro, proprio in coincidenza dell’inizio del nuovo anno liturgico, che per i cristiani rappresenta da sempre un momento di fiducia e speranza. Invece, le parole del porporato, intercettate dalla Guardia di Finanza di Oristano, nell’ambito dell’inchiesta che lo vede indagato per peculato e abuso d’ufficio, piovono come un fulmine a cielo sereno su tutta la comunità dei fedeli. Nelle sue conversazioni con amici e parenti, il cardinale non lesina critiche al Papa, accusandolo di volere finanche la sua morte. Tale astio sarebbe scaturito dalla decisione del Santo Padre di sospendere Becciu da tutti gli incarichi per il suo coinvolgimento nell’omonima inchiesta vaticana. Secondo gli inquirenti, Becciu avrebbe approfittato della sua posizione per acquistare, a spese della Santa Sede, un immobile di pregio nel centro di Londra, avvalendosi della mediazione di alcuni faccendieri. Fra tutti, di Cecilia Marogna, già ribattezzata dalla stampa “La Dama del Cardinale”, la quale è sotto inchiesta dal 2021 per aver impiegato fondi vaticani per scopi estranei alla cura delle anime. La donna è accusata, infatti, di aver speso indebitamente denaro della Segreteria di Stato per pagarsi hotel e viaggi di lusso. Nondimeno, ella avrebbe beneficiato di tali fondi per portare a termine operazioni di “intelligence” in favore del Vaticano. In particolare, nell’inchiesta si fa riferimento al pagamento di un riscatto per la liberazione di una suora in Colombia. Una vicenda in cui sarebbero coinvolti non solo ecclesiasti e professionisti, ma anche il fratello e la nipote del cardinale Becciu. Per costoro, e per il sistema di potere che starebbe dietro al prelato, si sta, in queste ore, profilando un rinvio a giudizio per associazione a delinquere. Dal Vaticano non giungono commenti ai fatti, ma è evidente che essa deturpa gravemente l’immagine della Chiesa, più di quanto non avesse già fatto “l’affare Vatileaks”. Per certi versi, si potrebbe quasi affermare che la vicenda odierna continua quell’opera diabolica, prefigurando uno scandalo talmente ampio da non vedersene la fine. Anche allora( era il 2015) tutto cominciò con la diffusione, da parte dei “corvi” monsignor Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, di notizie riservate sulle spese della Santa Sede. Chaouqui, soprannominata “la Papessa” per il suo rapporto di fiducia con Balda, fu poi quella che materialmente informò i giornalisti Nuzzi e Fittipaldi, inaugurando lo scandalo e la conseguente inchiesta. La storia, come è noto, è stata narrata in due libri, scritti dai colleghi in ossequio alla vicenda che li ha visti direttamente protagonisti. Da lì in poi niente è cambiato, malgrado l’impegno di Papa Francesco a rinnovare profondamente la Chiesa. Al contrario, da quando Bergoglio è stato chiamato a succedere al soglio di Pietro, le lotte intestine nella Curia si sono intensificate. Una parte di essa non ha mai condiviso il suo impegno riformatore, rivolto a costruire una Chiesa vicina agli ultimi e ai sofferenti. Una Chiesa povera, ben presente nella riflessione teologica di Francesco e testimoniata anche da importanti gesti del Pontefice. Sotto il suo Magistero, infatti, si è assistito a una riduzione dei finanziamenti allo Ior, la potente banca vaticana, e a una diminuzione dei conti correnti presso di lei accreditati. Un evento che ha creato attriti con il collegio episcopale, ma che ha al contempo contribuito a migliorare la percezione pubblica della Chiesa Cattolica. Particolarmente decisa è stata, inoltre, la presa di posizione del Sommo Pontefice contro gli abusi sessuali sui minori. In Australia, nel 2021, per la prima volta la Chiesa ha preso le distanze dai presbiteri accusati di pedofilia, chiedendo perdono alle vittime e accordando loro il risarcimento dei danni. Si comprende, dunque, perché Papa Francesco non sia amato negli ambienti conservatori della sua comunità ecclesiale e perché si torni sovente a parlare di scisma. L’idea di Chiesa Universale da lui professata è infatti antitetica al particolarismo di quei cardinali che predicano il perdono dei peccati, ma che poi si macchiano delle peggiori colpe. Essi, avvelenando la Chiesa con la loro corruzione, si pongono fuori da essa e in contrasto con quella vivente. Ovvero quella degli uomini, fatti a immagine e somiglianza di Dio, e non di Becciu e famiglia. di Gianmarco Pucci
Il Kosovo e la crisi nei Balcani
Non abbiamo fatto in tempo ad abituarci al conflitto in Ucraina, che un altro fronte di guerra rischia di aprirsi ai confini orientali dell’Europa. A più di vent’anni dalla fine della Guerra in Kosovo, la regione è tornata ad essere teatro di scontri etnici fra albanesi e serbi. Come è noto, le due culture ( musulmana la prima e ortodossa la seconda) non si sono mai veramente amate e non hanno mai del tutto sopito le proprie aspirazioni nazionaliste. Tanto da legittimare l’intervento della Nato nel 1999, attraverso la missione KFOR, per porre fine allo sterminio dei kosovari da parte delle milizie serbo-bosniache di Milosevic e ripristinare la pace nel territorio. Tale episodio ha poi portato, dieci anni dopo, alla proclamazione dell’indipendenza del Kosovo, mai peraltro riconosciuta dalla Serbia e dalla Russia. Da qui, il proliferare di lotte intestine fra le etnie che convivono nel paese. In particolare, da parte dei serbi, stanziati prevalentemente nel nord del Kosovo, che da mesi si oppongono alle ultime decisioni del governo di Pristina. A partire dalla volontà di quest’ultimo di sostituire le targhe delle auto serbe con quelle kosovare. Una questione che, già questa estate, aveva sollevato polemiche e suscitato preoccupazioni. La Comunità Europea a giugno era, non a caso, intervenuta per convincere Pristina a rinviare tale deliberazione al primo settembre, confidando in una proficua ripresa dei negoziati fra le parti. Invece, la situazione è improvvisamente precipitata. La Serbia accusa il governo di Albin Kurti di aver tradito gli accordi di Bruxelles del 2012 e di voler provocare un incidente internazionale, alimentando l’odio fra i due popoli. Pristina, dal canto suo, imputa a Belgrado di voler annettere il nord del paese, creando un casus belli simile a quello costruito ad hoc da Putin in Donbass. Secondo Kurti, solo così si spiegano le proteste che in queste ore stanno attraversando la nazione. Una protesta iniziata con le simboliche dimissioni delle guardie di frontiera, che hanno abbandonato le caserme e restituito le proprie divise. Un esempio che stanno seguendo anche altri funzionari statali, giudici e cancellieri in primis. La gravità della situazione, che rischia nuovamente di trasformare i Balcani in una polveriera, viene, allo stato attuale, monitorata da Bruxelles, che non esclude una soluzione diplomatica della questione. Josep Borrell, Alto Rappresentante della Politica Estera dell’Unione, ha assicurato che l’UE sta lavorando a un accordo che permetta di disinnescare questa pericolosa escalation aldilà dell’Adriatico. Gli fanno eco le parole del Cancelliere tedesco Scholz, che d’intesa con Parigi, proporrà al prossimo consiglio europeo un piano di pacificazione per i Balcani. Sulla stessa linea sono anche gli Usa e la Nato, che auspicano una soluzione mediata della crisi in corso. Stoltenberg, tuttavia, ha avvertito la Serbia che la Nato è pronta ad intervenire in qualsiasi momento a sostegno di Pristina, qualora dovesse essere violato il suo spazio territoriale. A tal riguardo, ha già inviato uomini e mezzi al confine settentrionale del paese. Tuttavia, a tali avvertimenti, Il presidente serbo Vucic non ha replicato. Al contrario, incontrando gli ambasciatori di Russia e Cina, ha espresso preoccupazione per la crisi che si è aperta e ha manifestato la sua disponibilità per una soluzione ordinata ed equa della stessa. Restano, però, i dubbi. Vucic è da sempre molto vicino al Cremlino e il pericolo che il conflitto in Ucraina possa allargarsi, coinvolgendo Stati satelliti del vecchio Impero Sovietico, resta alto. A dispetto dei buoni propositi, Vucic non ha mai smentito le sue ambizioni in Kosovo. Pur restando neutrale verso le proteste svoltesi in settimana a Mitrovica, a pochi km dal confine serbo, il presidente non si è dissociato dai fatti e non ha detto nulla per tacitare gli animi. Al contrario, a quei 10.000 cittadini serbi che sono scesi in piazza, sventolando la sua bandiera , ha detto di comprendere il loro dissenso e questo non può farci dormire sonni tranquilli. In primo luogo, per le conseguenze negative che un eventuale esodo di profughi potrebbe avere sulle coste italiane. Se dovesse prodursi una situazione critica anche nel Canale di Otranto, dopo quella che quotidianamente si vive nel Mediterraneo, la vicenda potrebbe avere risvolti imprevedibili dal punto di vista della gestione dell’immigrazione e degli scambi commerciali sulla rotta balcanica. In secondo luogo, qualora dovesse crearsi un nuovo focolaio bellico nel Vecchio Continente, nessuno potrebbe più escludere un conflitto su larga scala, probabilmente nucleare. Un’ipotesi che tutti stanno cercando di scongiurare e che porterebbe i Balcani a divenire l’ultimo tassello prima del grande salto nel buio della Terza Guerra Mondiale. di Gianmarco Pucci
Halloween, un punto di vista critico
Come ogni anno, da quando è stata importata dall’America , la notte che precede la Festività di Ognissanti torna ad essere, anche nel nostro Paese, quella in cui si celebrano streghe e folletti. Figure ben presenti nel folklore popolare, ma che sono estranee alle nostre tradizioni cristiane e ai suoi valori fondanti. Al contrario, essendo la festa la diretta derivazione del Samhain celtico, essa tende a contaminare la cultura cristiana con quella pagana, aprendo un varco verso il mondo dell’occulto. Un rischio su cui la Chiesa si è espressa più volte, denunciando il pericolo della diffusione, specie fra i più giovani, di riti e pratiche magiche. Il primo, in tal senso, a intravedere questa minaccia fu Padre Amorth, noto esorcista da poco scomparso. Amorth, in consonanza con la dottrina della fede, non si espresse contro la festa quale momento ludico e di aggregazione fra i più piccoli, ma riguardo al messaggio che Halloween è suscettibile di veicolare. Un messaggio implicitamente anticristiano che, dissacrando il Culto dei Santi e quello dei Morti, tende inevitabilmente a esaltare il male e a negare la vittoria di Cristo sulla morte. Un pericolo, quest’ultimo, evidenziato anche da Papa Francesco, il quale nell’Angelus di domenica ha invitato i fedeli a recarsi ai cimiteri per rendere omaggio ai defunti e a non far vestire i propri figli da creature infernali. Inoltre, il Santo Padre ha disposto per la notte del 31 ottobre una veglia speciale presso la chiesa di Sant’Anna in Vaticano, proprio per allontanare Satana dalla Festa di Ognissanti. Un male, ha sottolineato il Cardinale Martini, immanente ad Halloween, pure per il carattere infinitamente relativistico e consumista della festa. Come, purtroppo, avviene anche per il Natale, sembra che le festività religiose siano più un’occasione per assediare i centri commerciali, moderne cattedrali del materialismo agnostico, che un momento di riflessione e di condivisione. Questo, inevitabilmente, favorisce la proliferazione di riti pagani, seppur sotto mentite spoglie. Il Samhain, infatti, era la tradizionale festa dedicata ai morti nelle antiche popolazioni anglofone. Essa veniva celebrata il 31 ottobre, coincidente con il capodanno celtico. Un periodo ritenuto straordinariamente fecondo per consentire, attraverso veri riti magici, il contatto fra i vivi e gli spiriti dei defunti. Era, inoltre, anche un momento per sovvertire le regole della tradizione, ospitando banchetti e compiendo atti di divinazione( come la cristallomanzia, l’arte di predire il futuro). Frequenti erano, poi, le pratiche orgiastiche, eseguite al fine di propiziare la fertilità dei raccolti. Secondo, infine, fonti rinascimentali, la festa era un modo per adorare il demonio, nella veste di un dio della morte identificato in Baal, demone mediorientale che nell’universo demonologico celtico assurge proprio a questo ruolo. Non vi sarebbero, invece, prove che durante la festa si perpretassero sacrifici umani o messe nere. Tuttavia, il rinvio che Halloween fa a simboli e oggetti magici, la rendono particolarmente insidiosa. Specialmente per le personalità più fragili che, familiarizzando con tali emblemi, potrebbero facilmente cadere vittima delle sette sataniche. Difatti, accanto a una magia, per così dire, innocua( magia bianca) ve ne è un’altra, la cosiddetta magia nera, che, nell’adorare Satana, induce i suoi affiliati a commettere reati, talvolta balzati agli onori delle cronache per la loro efferatezza( come l’assassinio di suor Mainetti a Chiavenna o il più noto caso delle “Bestie di Satana” a Varese). Ciò, per dirla con le parole di Don Aldo Bonaiuto, responsabile del servizio Antisette della Comunità Giovanni XXIII, descrive un mondo articolato, complesso e in continua evoluzione. Si calcola, infatti, che a causa del senso di smarrimento e solitudine indotto dalla Pandemia, l’attività di reclutamento da parte delle sette abbia conosciuto una crescita notevole( +40%). Tale fenomeno è direttamente proporzionale alla crisi della famiglia tradizionale, sempre più minacciata dall’avanzata di nuovi tipi di unione. In definitiva, possiamo dire che certamente non tutte le sette sono sataniche, ma sono tutte ugualmente diaboliche. E, per osmosi, lo sono tutte quelle ricorrenze che, come Halloween, inscenando un macabro carnevale dell’esoterismo, si prestano tacitamente a suggestionare le menti e a diffondere ridicole superstizioni. di Gianmarco Pucci