Alla fine Conte si è ritrovato a ballare da solo, risolvendosi il suo tentativo di cambiare il M5S in un inutile abbaiare alla luna. Dopo la rottura con Davide Casaleggio, figlio del defunto Gian Roberto e creatore della piattaforma Rousseau, Conte ha dovuto fare i conti con le ire del fondatore Beppe Grillo. Per l’ex comico, infatti, Conte non sa quello che dice, mirando le sue proposte a stravolgere l’essenza del Movimento e ad attribuirgli un DNA moderato che storicamente non gli appartiene. Esso, già abbastanza nervoso per le vicende giudiziarie riguardanti il figlio Ciro, ha poi affermato che è Conte ad avere bisogno di lui e non il contrario, sottolineando quanto sia ancora necessaria la sua presenza nel Movimento per garantire ad esso un futuro. Grillo ha, infine, lodato l’operato di Luigi Di Maio, definendolo il miglior ministro di tutti i tempi, elevandolo di fatto al ruolo di leader del M5S. La risposta di Conte non si è, tuttavia, lasciata attendere. Nella conferenza stampa di ieri, svoltasi nella sala del Tempio di Adriano, l’ex premier ha manifestato tutto il suo disappunto per le parole e l’atteggiamento del fondatore, denunciando un clima teso nello stesso Movimento che fino a pochi mesi fa lo reputava uno statista. Conte ha spiegato che non è sua intenzione rimanere in un partito che lo considera alla stregua di un “prestanome” o di un leader dimezzato dipendente in tutto e per tutto dalle scelte del garante. Il giurista pugliese ha poi accusato Grillo di comportarsi come un padre padrone, colpevole a suo dire di voler mantenere la sua creatura in uno stato di minorità intellettiva e, di conseguenza, politica. A conclusione del suo intervento, Conte ha comunicato ai giornalisti che oggi consegnerà lo statuto da lui elaborato al garante Grillo e al reggente Crimi. Tale richiesta è per Conte condizione imprescindibile per poter continuare a far parte del Movimento, essendo ormai necessario mettere un punto fermo alla situazione venutasi a creare. Un avvertimento che suona sempre di più come un preludio a una scissione, a un lacerante addio destinato a disorientare ulteriormente la base grillina. In verità , per quanto possa sembrare il suo naturale sbocco, la scissione non può dirsi ancora certa. Anche quando nacque il governo Draghi si paventò tale scenario e poi questo non si realizzò. Allora il presunto leader dei ribelli, Alessandro Di Battista, preferì dire addio al Movimento piuttosto che provocare una spaccatura. Una scelta di responsabilità che non è detto Conte sia disposto a ripetere. Il Movimento, infatti, ha più che dimezzato negli ultimi 3 anni i consensi, perdendo parte della forza propulsiva che lo distingueva all’inizio. È ,dunque, implicito che se Conte decidesse di uscire dal Movimento, fondando un suo partito, finirebbe per mettere una pietra tombale su tutta la vicenda politica del M5S. Sarà probabilmente per questo che molti nel Movimento stanno seriamente pensando di sbarazzarsi dello scomodo Conte piuttosto che conferirgli l’impietoso compito di commissario liquidatore del M5S . Tuttavia, è appena il caso di dirlo, tale tentativo, qualora Conte non avesse intenzione di abbandonare la cosa pubblica, è destinato miseramente a fallire. Così come è destinato a rappresentare, considerando l’elevato clima di sfiducia dei cittadini verso la politica, un’avventura a durata limitata nel tempo la fondazione di un partito da parte dell’ex avvocato del popolo. Si, perché nell’immaginario collettivo egli rappresenta comunque il premier del M5S e a poco servirebbe creare una nuova forza politica, moderata e centrista, che verrebbe percepita come non autentica dagli elettori. Ciononostante, è assai plausibile che questo identico ragionamento sia stato fatto, pur con toni diversi, da tutti gli attori in causa. Una scissione in un periodo come questo, in cui tutti i partiti vivono una crisi profonda, dividersi sarebbe un autentico suicidio per chiunque. E Grillo non è così ingenuo da innescare uno psicodramma proprio in casa sua, incedendo negli stessi vizi che proprio lui ha a lungo denunciato e di cui, in pieno stile Shakespeariano, sembra oggi farne le spese il movimento da lui creato.
Prove di disgelo
Era dal 1985 che Ginevra non ospitava un summit internazionale fra Russia e Stati Uniti. Allora c’era ancora la Guerra Fredda, le relazioni fra Usa e Urss erano ai minimi termini e nessuno era disposto a credere in un plausibile successo di qualsiasi negoziato fra Reagan e Gorbacev. Il primo, infatti, aveva già avuto modo di mostrare i muscoli, accusando l’Urss di essere una minaccia per la pace mondiale e per la convivenza pacifica fra gli uomini. Non a caso, appena due anni prima, nel corso di una conferenza stampa in Florida, definì l’Unione Sovietica “l’impero del male”, ventilando l’ormai concreta possibilità di un imminente conflitto armato con la Russia. Il secondo, invece, pur non discostandosi dalla linea di chi lo aveva preceduto alla guida del Cremlino, vedeva nel dialogo con l’occidente( Perestrojka) e nel disgelo( glasnost) la soluzione che avrebbe permesso alla Russia di modernizzarsi e di avviarsi sulla strada della democrazia. La distanza siderale tra i due contendenti globali, tuttavia, si ridusse nel giro di pochi anni, portando all’avvento di una nuova era, sicuramente più promettente rispetto a quella atomica appena conclusasi. Oggi la situazione è radicalmente diversa, perché altre potenze si sono affacciate sullo scacchiere internazionale. È anche vero, però, che non tutto quello di cui Biden e Putin hanno discusso è da ritenersi irrilevante. Dopo giorni di tensione, i due leader hanno convenuto sulla necessità di confrontarsi su questioni dirimenti per il futuro dell’umanità. Biden, al riguardo, ha voluto precisare che non è nelle intenzioni della sua amministrazione demonizzare la Russia, ma solo difendere i diritti del popolo americano. Toni distesi che hanno permesso di incanalare il dialogo verso una direzione maggiormente costruttiva. Un successo che anche lo stesso Putin è stato costretto a riconoscere. Il presidente russo ha, inoltre, lodato l’integrità morale e l’indiscussa esperienza politica del suo interlocutore, reputandolo uno statista più avveduto di Donald Trump. I due leader hanno altresì convenuto sulla necessità di avviare un proficuo dialogo su dossier ritenuti di importanza fondamentale per le loro relazioni bilaterali. In particolare, per quel che riguarda le armi nucleari, tanto Biden quanto Putin sono stati d’accordo sul fatto di ridurne la proliferazione, aggiornando il trattato New Start del 2009. Convergenze che si sono rilevate anche sull’urgenza di adottare misure a difesa dell’ambiente e di contrasto ai cambiamenti climatici. Qualche passo in avanti si è registrato anche sulla questione dell’Ucraina, avendo Putin per la prima volta lasciato intendere di non opporsi a un eventuale arbitrato internazionale. Fin qui i punti di contatto, ma non sono mancate le immancabili divergenze. Sui diritti umani Biden è stato irremovibile. Ha infatti chiesto conto a Putin delle ripetute violazioni dei diritti umani in Russia e delle persecuzioni verso i dissidenti. In particolare, su Alexey Navalny, Putin ha dichiarato alla stampa straniera che costui ha ripetutamente violato le leggi russe e che per tali ragioni non potrà essere rimesso in libertà. Ha poi obiettato che non accetterà in nessun modo lezioni di civiltà da chi viola i diritti dei prigionieri di guerra detenuti nella fortezza di Guantanamo. Il presidente russo ha infine smentito qualsiasi accusa rivolta dagli Stati Uniti riguardo alle presunte interferenze cibernetiche nelle elezioni americane, ritenendole pure congetture destituite di ogni fondamento. Schermaglie, dunque, che riecheggiano quelle tipiche della Guerra Fredda, ma che stridono con il panorama globale a cui si riferiscono. Se, infatti,allora il nocciolo della questione era il controllo del pianeta da parte di uno dei due blocchi, oggi il problema vero è un altro ed è costituito dalla Cina. La crescita del “Dragone” e il suo progressivo espandersi su tutti i continenti della Terra ha propriamente messo in crisi gli assetti strategici delle due tradizionali superpotenze, generando preoccupazioni e accrescendo il nervosismo. Un livello di tensione talmente alto che, complice anche la triste vicenda del Coronavirus, ha indotto Biden a mettere in guardia gli alleati europei e a cercare un canale di dialogo con la Russia. Ciò al fine evidente di rinsaldare l’alleanza atlantica e arginare la Cina, separando Pechino da Mosca. Una sottile strategia, dunque, quella messa in atto da Joe Biden, che ha già fatto parlare di un nuovo corso della politica estera Usa. Nuovo corso,che mirando a ristabilire gli equilibri globali a favore degli USA, ha già sortito l’effetto di impensierire i rivali dell’occidente, provocando il disgelo delle relazioni fra Usa e Russia. Un risultato certamente non di poco conto se si considera quanto il fronte orientale era coeso fino a pochi mesi fa.
La verità è fra le stelle
Ci avevamo creduto, ma in realtà ci eravamo semplicemente illusi. Malgrado i grandi progressi della scienza e della tecnica nell’ultimo quarto di secolo, per scoprire se siamo veramente soli nell’Universo dovremo attendere ancora a lungo. Infatti, nel documento consegnato dal Pentagono al Congresso Usa, narrante di oltre 140 casi di presunti avvistamenti di oggetti non identificati nei cieli americani, non si arriva a nessuna conclusione certa. Non si smentisce la possibile origine extraterrestre degli Ufo, ma al contempo non si esclude nemmeno di trovarsi innanzi a una gigantesca montatura. Il rapporto, la cui esistenza è stata svelata in anteprima dal New York Times nel 2021, aveva inevitabilmente riaccesso il dibattito nella società americana sull’ipotesi che ci fosse vita nell’Universo. Come avviene in questi casi, essendo molto sottile il confine fra scienza e fantascienza, si sono riproposte le tradizionali divisioni fra credenti ( o creduloni) e scettici. Solo che questa volta, in virtù delle dichiarazioni rilasciate da personalità al di sopra di ogni sospetto, per gli scienziati non era stato così facile infrangere le aspirazioni degli ufologi. A tal riguardo, ad alimentarne le speranze, ci aveva pensato finanche Barack Obama. L’ex Presidente aveva infatti dichiarato al Late Show che ci sono decine di casi di avvistamenti documentati che riguardano oggetti che per forma, velocità e moto di oscillazione non si comprende bene cosa siano. Parole che erano state riprese da John Ratcliffe, ex direttore dell’Intelligence Usa e capo della sicurezza del Dipartimento della Difesa, il quale aveva confermato la versione di Obama, favorendo il proliferare sul web di teorie e congetture. Secondo Ratcliffe sarebbero migliaia i fenomeni inspiegabili di questo tipo osservati nei cieli d’America. Ratcliffe ha, infine, confermato che i documenti fin qui desecretati sono solo una parte di quelli in possesso del governo americano. Documenti che, come rilevato da Nyt, sarebbero stati nel corso degli anni acquisiti da una apposita Task Force presidenziale, catalogati e archiviati in modo da occultarne l’esistenza al pubblico. Ciò ha inevitabilmente accresciuto la curiosità della gente e le speculazioni della comunità (pseudo) scientifica. Da Roswell in poi sono state innumerevoli le testimonianze di chi giura di avere assistito o addirittura di essere stato protagonista di incontri ravvicinati con extraterrestri. Racconti che hanno stuzzicato la fantasia di scrittori e registi e che hanno dato vita a un prolifico filone di opere di genere. Anche l’Italia, tuttavia, non è stata immune da episodi di questo tipo. Storicamente l’avvistamento ufologico più importante nel nostro Paese, dopo quello fittizio del cosiddetto “Ufo di Mussolini”, è stato quello del 1954. L’evento, che interessò buona parte dell’Europa sud occidentale, si osservò in Italia, soprattutto a Firenze e a Roma. A Firenze, durante l’amichevole fra la Fiorentina e la Pistoiese, furono visti volteggiare sopra il Franchi centinaia di dischi volanti di forma sfericoidale. In quell’occasione gli alieni lasciarono anche concreta presenza del loro passaggio. Sulle strade di Firenze furono, casualmente, rinvenuti resti di una strana sostanza silicea di origine sconosciuta. Materia ritrovata giorni dopo a Roma, dove un ufo di grandi dimensioni fu osservato da decine di persone al crepuscolo del 19 Ottobre. In tale circostanza alcuni testimoni riferirono anche di presunti incontri con extraterrestri non giudicati, tuttavia, verosimili da parte delle autorità inquirenti. Eppure qualcosa di vero c’è sicuramente, non potendo liquidarsi l’intera faccenda come mera suggestione collettiva. Certamente, non sposando in pieno le tesi più fantasiose relative a rapimenti alieni ed omini verdi che escono dalle astronavi, si può tentare una mediazione fra fede e scienza, fra credere e non credere. Scientificamente è notizia ormai certa che a migliaia di anni luce da noi vi sarebbe una galassia, molto probabilmente abitata e con un sistema solare simile al nostro. La presenza poi di tracce di acqua su Marte e minerarie su Venere non hanno mai escluso pienamente la possibilità che in essi ci sia stata, anche miliardi di anni fa, qualche forma di vita. Ciononostante, queste evidenze scientifiche non confermano l’esistenza di vita aliena né necessariamente hanno attinenza con la vista degli Ufo. Come è stato coerentemente spiegato da esperti della NASA, quelli che vengono spacciati per velivoli extraterrestri potrebbero altro non essere che palloni sonda, meteorologici o non, che impiegano una tecnologia avanzata a scopi scientifici o militari. L’iperacusica, a tal riguardo, spiegherebbe tanti misteri e susciterebbe qualche preoccupazione di natura politica. In buona sostanza, si rientrebbe nella classica competizione fra superpotenze dove si gioca a guerre stellari, lasciando credere all’uomo comune che sia prossima la conquista della Terra da parte degli alieni. Uno scenario, dunque, simile a quello narrato nella Guerra dei Mondi di H.G. Wells e che ci lascia con una domanda fondamentale: è così assurdo credere che non siamo soli nel cosmo? Per avere la risposta basta guardare in cielo, fra le stelle.